Il ricamo è un’arte antichissima, apparsa in Oriente e poi arrivata in Occidente. La parola ricamo deriva dal lemma arabo “raqm” (racam) che significa “segno, disegno”. I primi ricami, ritrovati in Egitto ed in Attica, risalgono a secoli prima di Cristo e, per la loro accuratezza, si pensa che fossero frutto di una vera e propria scuola. Il ricamo rappresentava un modo per impreziosire e personalizzare i capi d’abbigliamento indossati da personaggi di grande risalto politico e religioso, aumentandone così dignità e prestigio. In Italia quest’arte inizia intorno all’anno mille, durante il dominio dei Saraceni, che introducono in Sicilia i primi laboratori di tessitura e ricamo. Anche per le monache il ricamo è uno strumento di abbellimento dei tessuti. Esso veniva utilizzato per abbellire i paramenti sacri e gli indumenti dei sacerdoti. Notevoli sono le  realizzazioni rinvenute all'interno del Monastero di Santa Maria Maddalena, alcuni paliotti ricamati (anche in oro) sono di una bellezza ineguagliabile. Presso il Museo sono esposti alcuni pregevoli ricami, con relativi disegni preparatori, pizzi e merletti effettuati al tombolo.

Le monache si dedicavano anche alla confezione dei propri indumenti e alla realizzazione dei cordoni, con cui si cingevano la vita, recanti i tre nodi, a simboleggiare i voti di castità, povertà e obbedienza fatti al momento della professione.

Ricamo (pizzi, merletti e cordoni)

Il ricamo è un’arte antichissima, apparsa in Oriente e poi arrivata in Occidente. La parola ricamo deriva dal lemma arabo “raqm” (racam) che significa “segno, disegno”. I primi ricami, ritrovati in Egitto ed in Attica, risalgono a secoli prima di Cristo e, per la loro accuratezza, si pensa che fossero frutto di una vera e propria scuola. Il ricamo rappresentava un modo per impreziosire e personalizzare i capi d’abbigliamento indossati da personaggi di grande risalto politico e religioso, aumentandone così dignità e prestigio. In Italia quest’arte inizia intorno all’anno mille, durante il dominio dei Saraceni, che introducono in Sicilia i primi laboratori di tessitura e ricamo. Anche per le monache il ricamo è uno strumento di abbellimento dei tessuti. Esso veniva utilizzato per abbellire i paramenti sacri e gli indumenti dei sacerdoti. Notevoli sono le  realizzazioni rinvenute all'interno del Monastero di Santa Maria Maddalena, alcuni paliotti ricamati (anche in oro) sono di una bellezza ineguagliabile. Presso il Museo sono esposti alcuni pregevoli ricami, con relativi disegni preparatori, pizzi e merletti effettuati al tombolo.

Le monache si dedicavano anche alla confezione dei propri indumenti e alla realizzazione dei cordoni, con cui si cingevano la vita, recanti i tre nodi, a simboleggiare i voti di castità, povertà e obbedienza fatti al momento della professione.

L'apprendimento dei lavori femminili quali la tessitura, il cucito, il ricamo, la lavorazione dei merletti, è un elemento importante nella educazione di una novizia o di un’educanda, sino a tutto l'Ottocento. Le giovani entravano in monastero dietro il pagamento di una retta annuale ed erano affidate alla competenza di suore esperte, ma anche di professori esterni, in particolare per i corsi di disegno.
Dopo aver assimilato le diverse tecniche attraverso il lungo esercizio, le educande e le novizie venivano impiegate nella produzione di corredi e parati liturgici. A testimonianza di questo percorso formativo, sono rimasti disegni di vario soggetto e i cosiddetti “imparaticci”, ovvero prove pratiche su piccoli lembi di stoffa.

Il canto e la preghiera erano attività a cui le monache dedicavano molto tempo ed energie, al pari dei lavori manuali. Cantare è considerato come pregare due volte e spesso le monache avevano effettivamente doti musicali e canore di spicco. Di grande rilievo fu il caso di Suor Maria Giuseppina Benvenuti, la suora di origine sudanesi (Zeinab Alif), nota come la "Moretta", la quale dimostrò ben presto le sue attitudini per il canto e per lo strumento dell'organo, di cui la chiesa del monastero era provvista. La Moretta apprese nozioni da ben due maestri di musica, che venivano da fuori per istruirla. I suoi brani erano ascoltati con grande piacere dai fedeli dell'epoca e si ha notizia che venissero anche persone da fuori per sentirla suonare durante le celebrazioni o nelle processioni. Si narra infatti che a Suor Maria Giuseppina piacesse suonare anche i brani intonati dalla Banda Cittadina durante le processioni, proponendo così duetti inediti.

L'organo Gennari, situato nella Chiesa del Monastero di Santa Maria Maddalena, è un piccolo gioiello che si è mantenuto dal 1827-28 fino ad oggi, grazie ad un restauro effettuato nel 2001 dalla prestigiosa ditta padovana dei Fratelli Ruffatti. Ha la caratteristica di alloggiare al suo interno un tamburo con alcuni campanelli. Una cosa strana per i non addetti ai lavori, ma non così insolita a quei tempi. Tamburi negli organi a canne erano infatti molto comuni in Italia durante il diciannovesimo secolo, essi permettevano l’esecuzione del repertorio operistico composto per accompagnare le celebrazioni. Ed anche questo repertorio, oltre a quello sacro, piaceva a Suor Maria Giuseppina. La presenza del tamburo e dei campanelli fu forse per lei un richiamo alle origini, un ricordo lontano del Sudan da cui fu violentemente allontanata quando era ancora una bambina. La suora di origini sudanesi, oggi venerabile, fu badessa nel monastero serrano, dove visse fino al 1926.

Altre informazioni sono disponibili alla pagina "Archivio musicale" e nel sito "Serra de' Conti Turismo".

L'arte della Ceroplastica è ampiamente documentata dal ritrovamento di diverse statuette di santi e degli utensili necessari per la loro produzione: crogiuoli e spatole. La lavorazione comprendeva diverse fasi: le statue erano infatti costituite da un’intelaiatura di legno impagliato e rivestito di stoffe ricamate, su cui erano applicate la testa e le mani modellate in cartapesta o cera. Piccoli Gesù Bambini confezionati con fiori di stoffa in teche di vetro venivano poi venduti nelle fiere, altre statue venivano realizzate per adornare la chiesa o per realizzare presepi.

All'interno del Museo delle Arti Monastiche è possibile vedere esposte varie statuette realizzate con questa tecnica e numerosissimi utensili necessari per la loro realizzazione.

Un'attività largamente praticata dalle suore fino a tutto l'Ottocento è quella della produzione di fiori di seta, un’arte antica importata dalle Fiandre, di cui è stata ritrovata una descrizione in un testo edito nel 1678 e conservato presso l’antica biblioteca del monastero. I fiori di stoffa erano impiegati sia per la decorazione delle chiese, in particolare nei periodi invernali quando era difficile reperirne di freschi, sia per ornare delle coroncine indossate dalle novizie il giorno della promessa temporanea.

Presso il museo sono esposti numerosi fiori, assemblati in composizioni o applicati a coroncine, effettuati con questa tecnica ed è anche possibile "provare" alcuni utensili necessari per il taglio della stoffa.

L’attività della tintura, documentata in un piccolo fascicolo d'archivio che contiene istruzioni per tingere vari tipi di stoffa, avveniva immergendo i materiali in grandi "caldari" insieme alle terre colorate. La tintura interessava sia le stoffe tessute all’interno del monastero sia quelle acquistate all'esterno, entrambe destinate per lo più alla realizzazione di fiori ornamentali, che costituiva una specificità della produzione artigianale del Monastero di Santa Maria Maddalena.

Oggi presso il Museo delle Arti Monastiche è possibile effettuare un laboratorio per bambini che affronta proprio questo tipo di attività, per far sperimentare anche ai più piccoli un lavoro manuale creativo ormai caduto pressoché in disuso.

La tessitura è una delle attività più antiche dell’uomo. È cambiato il mondo, ma non il principio di realizzazione del tessuto: l’incrocio ortogonale dei fili di trama e ordito. La tessitura manuale è un'attività che fu molto praticata dalle monache fino agli inizi del XX secolo, come del resto è accaduto presso le case delle famiglie italiane, dove molti indumenti e tutta la biancheria veniva prodotta e confezionata a mano.

Vari sono i telai lignei rinvenuti presso il Monastero di Santa Maria Maddalena, ora esposti presso le stanze del Museo delle Arti Monastiche, insieme ad altri oggetti e strumenti utili per la tessitura manuale, tra cui numerose matasse di filato di canapa. A Serra de' Conti e nelle zone limitrofe era infatti molto diffusa la coltivazione della canapa, dal cui fusto veniva tratto il materiale per la produzione dei filati di canapa. Caduta  in disuso per vari decenni, oggi si assiste ad una riscoperta della coltivazione della canapa, che sta trovando largo impiego in vari settori produttivi, oltre a quello tessile.

Da alcuni anni il Comune di Serra de' Conti ha avviato dei corsi di tessitura manuale e ricamo, dando continuità ad una delle attività delle monache, nonché delle nostre nonne e bisnonne. Un corso di tessitura con telaio manuale nel terzo millennio ha un valore storico e simbolico notevole. Non solo, può essere oggi l’opportunità per attuare un vero e proprio artigianato creativo, grazie alle potenzialità espressive di un mezzo così antico e così attuale: il tessuto. Cogliendo le possibilità offerte da usi innovativi delle tecniche tessili e dei tessuti, con il telaio manuale si possono produrre piccole serie di oggetti di ottimo design, destinati ad un pubblico di estimatori, spaziando nei settori dell’abbigliamento, del design tessile, dell’arredamento e perfino dell’arte. Così, sviluppare le competenze tecniche della tessitura manuale in maniera strutturata e progressiva, oltre che dare continuità ad una tradizione manuale storicamente e culturalmente affermata nel territorio, può essere oggi un obiettivo apprezzabile, sia in campo artistico, che professionale.

Nella sala della "Cucina" sono esposti numerosi utensili e ceramiche per la cucina. Gli oggetti proposti e gli acquisti, documentati nei libri contabili, testimoniano, dalla seconda metà del Seicento fino a metà Ottocento, un notevole consumo di materiali dalle diverse tipologie e provenienze. Gli acquisti più importanti, per qualità e quantità, avvenivano annualmente, alla fine di luglio, in occasione della fiera franca di Senigallia e comprendevano oggetti economicamente impegnativi, come ad esempio le ceramiche di produzione marchigiana, umbra ed abruzzese.

L'attività culinaria delle monache era molto intensa e variegata, se si pensa che ogni monaca, proveniente da regioni diverse, portava con sé un patrimonio di ricette e usanze tipiche del proprio territorio di origine. Numerose sono le ricette rinvenute presso il Monastero di S. Maria Maddalena, molte sono state anche oggetto di studio e pubblicate in vari libri.

Il pasto veniva consumato in refettorio, durante uno dei momenti comunitari della giornata claustrale. Ad ogni monaca era assegnato un posto e ciascuna poteva disporre di un cassetto per riporre le proprie stoviglie e gli eventuali avanzi da consumare al pasto successivo.

La spezieria è uno degli Offici previsti dall’ordinamento del monastero. Le monache che vi erano addette preparavano medicamenti e ricette erboriste. L’arte della spezieria è praticata per il solo uso interno, nel pieno rispetto della regola claustrale; sussiste tuttavia una tradizione orale che riferisce di una limitata diffusione di preparati anche all’esterno.